Periscope: tra tecnologia, privacy e marketing.
È passato poco più di un mese dall’uscita di Periscope e già l’applicazione, comprata e distribuita da Twitter (fino ad ora disponibile solo per iOs), ha sollevato polemiche e malumori da più parti, fino a divieti veri e propri.
Per chi ancora non lo sapesse, Periscope è un’applicazione gratuita che consente, dopo aver effettuato l’accesso con il proprio account di Twitter, di caricare sulla piattaforma social video in diretta streaming, cioè nel momento stesso in cui si stanno girando, proprio come in broadcasting.
Chiunque può “girare” un video, ovunque e in qualunque momento e condividerlo in pubblico o in privato (si possono selezionare i follower che possono vedere il video), tutto questo in tempo reale.
Una notifica avvisa quando un account che si segue sta usando Periscope e il follower può interagire direttamente con il “video maker” per mezzo di una chat o con un tap sullo schermo che fa partire cuoricini svolazzanti in segno di gradimento. Dei 140 caratteri studiati ad hoc e corredati di hashtag, in questo, caso nemmeno l’ombra.
I video non restano nella timeline per più di 24 ore, ma l’autore del video può anche decidere di salvare la clip sul proprio telefono per usarla in un secondo momento. Ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di video estemporanei, fatti per essere serviti e consumati come in un fast food.
Siamo nel campo dell’effimero, dell’immediato (in senso etimologico e temporale), della fruizione rapida e dell’abbandono all’oblio. E non si tratta solo di deperibilità di dati, informazioni e di quanto può essere veicolato da un video, ma di un innegabile problema di privacy che è stato sollevato da più parti.
La tecnologia informatica, l’iperconnessione, il mondo dell’hic et nunc mediatico fanno sempre un po’ a pugni con la privacy e il diritto d’autore. Le polemiche non sono solo italiane (come spesso succede). Negli Stati Uniti la National Hockey League ha vietato l’uso di Periscope prima, durante e dopo le partite.
Tutti noi potremmo potenzialmente essere ripresi in diretta senza saperlo e finiremmo sull’account di qualcuno senza alcuna autorizzazione da parte nostra; le prime vittime designate sono state ignare insegnanti di liceo. Ma come fa un adolescente a resistere alla tentazione?
Viene da pensare che in futuro, se i divieti dovessero farsi più numerosi, Periscope possa però facilmente trasformarsi in strumento di marketing on air. Un’applicazione a pagamento, che i grandi (o piccoli) brand potranno usare per fare promozione in diretta e comunicare in modo ancora più rapido con i clienti.
Ma il futuro è sempre imprevedibile…
E voi avete usato Periscope? Che cosa ve ne pare? Vi è piaciuta? Aspettiamo i vostri commenti!
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