Il fenomeno dei dirottamenti su Facebook
Sicuramente a molti di voi sarà capitato di mettere “mi piace” ad una pagina Facebook e poi, diversi mesi dopo, ricapitare casualmente sulla stessa pagina e accorgersi che, sebbene il titolo non fosse cambiato, la pagina era stata completamente trasformata e i suoi contenuti non corrispondevano più a quelli originari.
Si tratta di un fenomeno quasi esclusivamente italiano, dal momento che al di fuori dello stivale, per ora, sono stati riscontrati casi rari di questo fenomeno di moderno spamming. La ragione potrebbe facilmente risiedere nel fatto che in Italia, molto più che in altri Paesi, la Netiquette è considerata ancora qualcosa di superficiale e assolutamente non essenziale; qualcosa che possa agevolmente essere piegata ai propri desideri ed interessi e non un corpus di regole fondamentali ed inviolabili di comportamento sul web.
Ma come funziona questo fenomeno di spam 2.0?
Sostanzialmente una pagina che può annoverare un gran numero di fan, viene contattata da un editore in cerca di grande visibilità e di moltissimi click. Gli amministratori quindi vengono pagati in cambio dell’accesso alla pagina e della conseguente gestione della stessa a proprio piacimento. In questo modo si dà il via al vero e proprio dirottamento di contenuti che abbiamo accennato all’inizio dell’articolo e che sicuramente ha coinvolto molti di noi.
Ho deciso di chiamare questo fenomeno “spam 2.0” perché, da parte dell’utente, è questo quello che avverte: un vero e proprio spam di contenuti ritenuti non interessanti o che comunque non corrispondono agli interessi iniziali espressi dal “mi piace” dell’utente stesso. Quello che accade sostanzialmente è che un “like” ad una pagina di cappellini divertenti può facilmente trasformarsi in un canale di comunicazione politica, oppure ancora una pagina di contenuto filosofico trasformarsi in una community di fan di Bon Jovi. I più agguerriti addirittura sono capaci di condividere con la platea, ingenua, di queste pagine, virus malware e quant’altro, capaci di infettare i rispettivi computer.
Dal punto di vista degli editori dei contenuti, questa è una tecnica che non paga assolutamente, dal momento che spesso (per non dire sempre) ci si rivolge ad una platea che non ha scelto liberamente di condividere le informazioni che diffondiamo, perciò il risultato è pressoché il medesimo di non trovarsi affatto all’interno di queste piattaforme.
C’è un modo per difendersi? Ovviamente sì. Non si tratta semplicemente di condividere commenti ed opinioni su queste pagine all’interno delle bacheche in modo da avvertire gli altri utenti, poiché nella maggior parte dei casi i messaggi vengono semplicemente eliminati.
Dal momento però che queste pagine vivono sulla base della propria visibilità, il modo migliore per combatterle e sconfiggerle è togliere il “mi piace” e consigliare altri amici a farlo. Insomma, da parte mia, il consiglio è di stare sempre con gli occhi ben aperti, quanto agli editori: evitate di prendere queste scorciatoie che non pagano!
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Bell’articolo Giada, questi secondo me un paio di esempi di quanto affermi:
http://www.facebook.com/Tua.Madre.96
http://www.facebook.com/mimikaulitz
purtroppo ce ne sono a tonnellate di esempi…